I PROPILEI
Óleo de GUIDO BOGGIANI
Guido Boggiani, I Propilei, Collezione Privata. Annotò sul suo diario:
“la veduta dei Propilei è meravigliosa a quell’ora; tenterò di fare una cosetta buona”
Imágen más amplia de la obra
Guido Boggiani, Donna con disegno kadiwéu sulla schiena, Praga, Collezione Pavel Scheufler
Omegna in una cartolina dei primi del Novecento
DAL VERBANO AL CHACO. L’AVVENTUROSA VITA DI GUIDO BOGGIANI, IL PIEMONTESE CHE SPARÌ NELLA GIUNGLA
L’uomo che visse nella giungla era nato a Omegna il 25 Settembre del 1861, da Giuseppe e Adele Gené. L’atto di nascita e di battesimo fu stilato dal Prevosto Lorenzo Bracchi. I genitori, che erano dei facoltosi proprietari terrieri novaresi, possedevano una villa a Stresa e si trovavano nel Cusio per il lavoro del padre. Il Cavalier Giuseppe Boggiani, di idee progressiste e dilettante pittore, dal 1878 al 1887 diresse l’Impresa di navigazione sul Lago d’Orta e fece varare i tre battelli a vapore: il Cusio, il Mergozzolo nel 1878, l’Umberto I il 26 Luglio 1879 e si occupò anche dell’abbellimento della Piazza Salera. Guido aveva due sorelle: Evelina sposata a Paolo Marini, proprietario del Savoy Hotel di Sanremo, da cui ebbe tre bambine chiamate Anna Maria, Clelia ed Estella, come la zia. L’altra sorella di Guido si chiamava Estella. Si sposò con l’Ingegner Luigi Marzoni. Dalla loro unione nacquero due figli, Clelia e Pierino. Il fratello Oliviero (1859-1933), che sarebbe diventato colonnello, nonché organizzatore e primo segretario generale della Società Teosofica Italiana (dal 1901 al 1904 e poi di nuovo dal 1919 al 1929), aveva sposato Gretchen Wagner, figlia dell’antroposofo e fondatore del marchio Pelikan Gunther Wagner, uno dei primi allievi di Rudolf Steiner. Guido e Oliviero erano figli di Adele Gené, mentre Estella ed Evelina di Clelia Gené, perché Giuseppe Boggiani aveva sposato, successivamente, le due sorelle.
La calle principal de Omega, via Cavour, a través Cavallotti hoy, en una foto de época
La strada principale di Omegna, via Cavour, oggi via Cavallotti, in una foto d’epoca
Los pasajeros de Mergozzolo. El barco se puso en marcha en 1878
por iniciativa de los Caballeros Giuseppe Vittorio Cobianchi Boggiani y,
como consecuencia de la concesión obtenida por el Cav señores. Boggiani, Guller y Carosio.
El Mergozzolo fue inaugurado el 1 de noviembre, y poco después, llegó la-Cusio-
"Passeggeri sul Mergozzolo. Il battello fu varato nel 1878 per iniziativa
dei Cavalieri Giuseppe Boggiani e Vittorio Cobianchi,
a seguito della concessione ottenuta dai signori Cav. Boggiani, Guller e Carosio.
Il Mergozzolo fu inaugurato il 1° Novembre e, poco dopo, arrivò anche il Cusio"
Il piccolo Guido trascorse i primi anni a pescare anguille e barbi nella Nigoglia, ad oziare sul ponte a schiena d’asino che allora divideva piazza Salera dal Pretorio, ed attardarsi sotto il Pretorio stesso a vedere costruire e riparare reti. Nei due locali di via Carrobio, avrà imparato l’a-b-c e le prime nozioni dello scibile umano. Venne educato al disegno e alla pittura dal padre, tanto che dipingeva anche sulle pareti di casa, mentre la matrigna Clelia, che era sorella della madre biologica Adele, figlia minore di Giuseppe Gené, un famoso professore di zoologia all’Università di Torino, gli trasmise l’attitudine allo studio e alla classificazione scientifica. I miei genitori hanno notato e incoraggiato la mia precoce vocazione per l’arte, la mia attrazione per le immagini, le forme e colori, ricordava il Boggiani in una intervista. Era un ragazzo biondo, bello e affascinante. Sapeva suonare il pianoforte, scrivere poesie e dipingere. La fame per la ricerca e l’avventura lo portarono lontano dal Verbano, nelle selvagge lande del Paraguay, per studiare popolazioni isolate e primitive. Boggiani ha lasciato ai posteri una serie di dipinti, centinaia di straordinarie fotografie di indios e una preziosa collezione etnografica sparsa nei più importanti musei europei.
El abuelo materno Guido Boggiani, Giuseppe Gené (Turbigo, 9 de diciembre de 1800 - Turín, 14 de julio de 1847)
fue un zoólogo y entomólogo, profesor de zoología en la Universidad de Turín
y co-director del Museo Real de Historia Natural. Tal vez Dall'Avo el joven Guido
había heredado la actitud de observación de la naturaleza y la clasificación científica
"Il nonno materno di Guido Boggiani, Giuseppe Gené (Turbigo, 9 Dicembre 1800 – Torino, 14 Luglio 1847),
era uno zoologo ed entomologo, professore di Zoologia all’Università di Torino
e condirettore del Regio Museo di Storia Naturale. Forse dall’avo il giovane
Guido aveva ereditato l’attitudine all’osservazione della natura e alla classificazione scientifica"
L’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola ne ha tratteggiato la breve vita attraverso le immagini, in corrispondenza con la mostra Boggiani y el Gran Chaco, inaugurata il 22 Marzo 2012 presso il Museo Puyrredón di Buenos Aires. Si deve all’etnologo novarese Maurizio Leigheb lo studio più approfondito su Guido Boggiani, cui ha dedicato, come lui stesso ci ha raccontato, circa un terzo della mia vita, contribuendo a farlo riscoprire e rivalutare sotto una diversa luce. Non sono come esploratore, ma come studioso, rivisitando in due occasioni i luoghi ch’egli contribuì a farci conoscere, compiendo una ricerca sistematica sulle sue collezioni disperse in vari musei europei, rintracciando e facendo conoscere per primo in Italia il manoscritto autografo della sua opera più nota , Viaggi di un artista nell’America Meridionale: I Caduvei. Leigheb ha inoltre rintracciato i cataloghi inediti della produzione pittorica e fotografica di Boggiani e, oltre a pubblicare più di un libro sull’argomento, ha anche organizzato nel 1985 una grande mostra celebrativa e un convegno internazionale. Per Leigheb, al di là dell’aspetto romanzesco della sua vita, il Boggiani fu, soprattutto, un grande pioniere dell’etnologia, considerato e studiato dai grandi etnologi contemporanei, come Lévi-Strauss, Alfred Métraux, Paul Rivet, Darcy e Berta Ribeiro.
Uno dei rari ritratti fotografici di Guido Boggiani
Dopo aver compiuto gli studi classici nel Convitto Nazionale di Novara e poi quelli commerciali nel Collegio di Stradella, il Boggiani si era iscritto nel 1878 all’Accademia di Brera e, dopo due anni di studi, era diventato l’allievo prediletto di Filippo Carcano, caposcuola del naturalismo lombardo. Si racconta che il vecchio pittore apprezzò e amò il giovane, pieno d’ingegno e di entusiasmo, e si invaghì della sorella Estella. Le tele del Boggiani erano apprezzate dalla critica e pubblico. Nel 1881 presentò a Milano, per l’Esposizione Generale Italiana due paesaggi. L’anno successivo espose alla Promotrice di Firenze una serie di vedute del Lago Maggiore e si assicurò un premio alla mostra di Brera, dove aveva portato sedici opere, tra paesaggi lacustri e altri presi dal vero a Sestri Levante. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna acquistò nel 1882 il suo quadro La raccolta delle castagne per 6000 Lire. Nel 1883 partecipò all’inaugurazione del Palazzo delle Belle Arti a Roma, dove portò cinque quadri.
Edoardo Scarfoglio scrisse che il giovine piemontese si recò nella capitale con le mani piene di tutti i doni della gioventù e di tutte le promesse della gloria. Si presentò alla mostra co’ suoi boschi di castagni pieni d’aria e di luce, con le sue visioni del Lago Maggiore armoniose e vibranti, co’ suoi vent’anni ardenti di fede ed assetati di bellezza. Nello stesso anno ricevette il Premio Principe Umberto con All’ombra dei castagni. Il Boggiani decise di trasferirsi a Roma dove conobbe Gabriele D’Annunzio e anche Scarfoglio. Come racconta Maurizio Leigheb, il novarese cedeva il suo studio per i rendez-vous di D’Annunzio con “Barbarella” Leoni e frequentava la migliore società cittadina. Era conosciuto a corte, ospite gradito alle feste del Quirinale, convitato del cardinale Hohenlohe nella Villa d’Este, a Tivoli.
Nel 1884 fu ospite, con D’Annunzio e Scarfoglio, del cenacolo di artisti creato in Abruzzo da Francesco Paolo Michetti nel suo convento di Francavilla a Mare. Boggiani, snello, raffinato nei gusti e nei modi, dipingeva tra gli olivi, ma già pensava altrove, era già pronto a partireper l’America dove va a cercar la fortuna e a trovar mogli belle e ricche alli amici brutti e poveri, come ne scriveva D’Annunzio. Inviò all’Esposizione Nazionale di Torino Gli ulivi a Francavilla a Mare, Sentiero presso il Lago Maggiore, Villaggio sul Lago Maggiore, Ortensie, tutte opere ormai disperse; nel 1885 fu eletto socio onorario dell’Accademia di Brera e nel 1887 espose a Brera e a Venezia. Nel febbraio del 1887 scriveva alla sorella Estella di essere stato ad un ballo alla corte della Regina Margherita, di cui ne descriveva l’abito con precisione: era vestita di verde chiarissimo, come quello che piace a me, ma molto più chiaro. In fondo alla veste aveva una bordura di foglie di rose, e il davanti dell’abito era ricamato a pois dello stesso colore, sai di quei jais fatti così (Boggiani abozza un disegno) e al collo e al petto ed in testa una splendida parure di magnifici smeraldi contornati da brillanti. Fra le altre toilettes c’era quella della Duchessa Sforza-Cesarini che era in velluto rosso scarlatto; il davanti di velo o di crêpe ricamato di jais tutto scarlatto, tutto tutto dello stesso colore, e stava stupendamente perché ha una bellissima figura cogli occhi e i capelli nerissimi, ed ha una figura molto intelligente.
Partì nel 1887 per l’Argentina, imbarcandosi da Genova il 18 Novembre sul transatlantico Duchessa di Genova, spinto dauna invincibile smania di vedere mondo nuovo e gente nuova, nuove terre e nuovi orizzonti. Lo scopo del viaggio era di intraprendere un commercio di pelli di cervo. Giunto a Buenos Aires l’8 Dicembre, si fermò per alcuni mesi in città da dove fece escursioni nelle Pampas e a Mar della Plata. Si dedicava alla caccia, che praticava da una carrozza nelle praterie. Scrisse alla sorella Estella nel gennaio del 1888 una lunga lettera, in occasione del suo prossimo matrimonio a Stresa con l’Ingegner Luigi Marzoni, descrivendo gli animali e le piante sudamericane. Trovava eccellenti le pesche noci, di cui la Mamma dovrebbe piantare tre o quattro piante, chè da noi vengono bene. Sono squisite, e differiscono dalle altre per essere un po’ piccole e colla pelle lucida, senza duvet … Peccato che non si può trasportare a Stresa un poco di questo terreno e di questo clima! Da lì raggiunse il Paraguay, una regione a quel tempo ancora selvaggia, prima nella capitale Asunción, dove giunse per la prima volta il 12 Settembre del 1888, e poi, dal 7 Febbraio 1889, a Puerto Casado. Poi si diresse a nord, nel Chaco, al confine con la Bolivia, dove si stabilì per studiare gli indigeni Chamacoco e stilare un vocabolario della loro lingua. Viaggiò anche sulle rive del fiume Nabileque, affluente del Rio Paraguay, nella fitta giungla del Mato Grosso do Sul, per studiare i Caduvei e le loro pratiche rituali. Questa tribù teneva in schiavitù l’altra dei Chamacoco. Il Boggiani dormì nella selva, navigò sui tronchi d’albero scavati dal fuoco lungo il filo delle riviere, abitò con gli indii nelle capanne di foglie di palma e li seguì nelle spedizioni di caccia. Osservò gli usi e i costumi, la lingua, fermò sulla carta con disegni e schizzi gli indios e le loro attività.
Il Paraguay in una mappa ottocentesca
La riproduzione autotipica di alcuni schizzi all’acquarello o a lapis, unico materiale artistico che io potei raccogliere affrettatamente durante la mia escursione, e che io non volli ritoccare né acconciare in nessuna maniera, perché anche se fossi riuscito a renderli, per il volgo, più comprensibili, avrei certamente loro tolto parte del loro merito, che è quello della assoluta fedeltà col vero, al che io tengo assai più che a qualunque altra cosa.Boggiani vestiva come gli indigeni e camminava scalzo, ma era ugualmente inserito nei circoli intellettuali e scientifici di Asunción. Partecipò alla fondazione della locale Associazione Filarmonica del Quartetto. Nella sua casa aveva appeso alle pareti quadri dei pre-raffaelliti, di Gustav Klimt e di pittori argentini.
Guido Boggiani, decoración de objetos de uso cotidiano, acuarela, desde la página del diario de Guido Boggiani,
Praga, Pavel Colección Friche Yvonna Fričova.
"Guido Boggiani, decorazioni di oggetti di uso comune, acquarello, dalla pagina del diario di Guido Boggiani,
Praga, Collezione di Pavel Friče Yvonna Fričova"
Guido Boggiani, los tatuajes de juego, dibujo a tinta, desde la página del diario de Guido Boggiani,
Praga, Pavel Colección Frič y Fričova Yvonna.
"Guido Boggiani, riproduzione di tatuaggi, disegno a inchiostro, dalla pagina del diario di Guido Boggiani,
Praga, Collezione di Pavel Frič e Yvonna Fričova"
Chico caduveo, de "Viajes de un artista en América del Sur", Roma 1894.
Giovanetto caduveo, da “Viaggi d’un artista nell’America Meridionale”, Roma 1894
Il pittore toscano Lorenzo Viani ci ha regalato un ritratto di Guido Boggiani in un articolo pubblicato nel “Corriere della Sera” del 29 Settembre 1935: il pittore cereo, dai piedi delicati, per assuefarsi ai travagli degli spini e delle morsicature delle serpi, che s’adeguano al colore della vegetazione insidiosamente, passeggiava a piedi nudi, sopra i pruni. L’orme si macchiavano del suo sangue vivo; i piedi suppliziati, piagati come quelli di un martire cristiano, si cicatrizzarono lentissimamente, risuolando le piante di cuoio battuto e ribattuto dai poderosi martellamenti del cuore. Dopo il supplizio, Guido Boggiani, solo, con un sacco, delle fiale, una siringa, dei lapis, della carta, e una bandiera italiana (sotto cui furono rinvenute le sue ossa) si avventurò nel Chaco pauroso.
Nel suo libro sui Viaggi di un artista nell’America meridionale. I Caduvei, il Boggiani pubblicò un disegno di una donna che egli chiama “Ritratto di mia moglie”. Ho pensato bene, o male che sia, di contrattare coi padroni della schiavetta, perché essa rimanga con me per tutto il tempo che resterà qui ancora. Dopo trattative andate assai per le lunghe, vi hanno acconsentito mediante il pagamento anticipato di una decina di metri di tela cotona, di alcuni fazzoletti dai colori vivaci e di altre piccole cosette di poca importanza. Per cui da oggi in poi sono ammogliato… sino a nuova avviso. Mi va il pensiero a M.me Chrysantheme di Pierre Loti; ma che differenza tra i Giapponesi ed i Caduvei! Quelli industriosi, delicati, pieni di gentilezze e di raffinatezze; questi imvece primitivi, gorssolani e poco scrupolosi. Se però non la si può paragonare a quella, questa non è meno bella di forme e, forse, artisticamente anche più bella. È formata come una statua, e ben contento sarebe un artista d’avere modelli simili a lei. Ha due begli occhi vivacissimi e mani e piedi bellissimi. Quanto a carattere, non posso dirne molto, ma è allegra e ignorantissima di ogni cosa, ciò che non guasta affatto. Un bel mobile, insomma…
Durante le sue esplorazioni il Boggiani raccolse una strabiliante collezione di oggetti, tra cui abiti, utensili, armi e copricapi, che cedette nel 1894 al Museo Kircheriano (oggi Museo Etnografico di Roma Luigi Pigorini), al Museo di Storia Naturale dell’Unversità di Firenze, Museum für Völkerkunde di Berlino e al Museo di Stoccarda. La collezione zoologica di pesci del Chaco fu acquisita dal Museo Civico di Storia Naturale di Genova, diretto da Giacomo Doria, che era amico del Boggiani e presidente della Società Geografica Italiana. Boggiani aveva inviato al Professor Ottone Penzig, che era titolare della cattedra di botanica all’Università di Genova, degli esemplari di piante. Non smise mai di dipingere e disegnare, ma prediligeva per comodità il disegno e l’acquarello. Oltre agli studi etnografici si dedicò all’attività imprenditoriale tra il Paraguay e l’Italia, trasformandosi in commerciante di pelli pregiati e in piantatore, esportando il legname in Italia. Risale al 1892 un complicato progetto di ferrovia, presentato al Presidente della Repubblica Boliviana. Nel 1893 fu designato dal governo italiano delegato artistico alla World Columbian Exposition di Chicago. Eseguì due dipinti: il Padiglione giapponese a Chicago e il Lago nell’Esposizione di Chicago, quadri di ubicazione ignota, ma elencati nel diario del Nostro. Durante il viaggio di ritorno, in Ottobre, fece diversi schizzi su fogli di quaderno a larghe righe rosse: une veduta d’alto mare il 27 Settembre, tre disegni rappresentanti una solenne suora che beve la birra o egge un libro di preghiera (28 e 19 Settembre) e tre vedute, tutte datate 2 Ottobre 1893 rappresentanti Gibilterra e il Marocco visti da Gibilterra. Giunto in patria patria pubblicò i risultati dei suoi studi e tenne conferenze alla Società Geografica Italiana. A Roma incontrò Vittorio Bottego, l’ufficiale emiliano famoso per le sue esplorazioni nel Corno d’Africa. Boggiani si rinchiuse nel Museo Kircheriano per ordinare e dare una forma a tutte le informazione raccolte in Sudamerica.
Il frontespizio del diario originale di Guido Boggiani relativo ai “Viaggi d’artista nell’America Meridionale.
I Caduvei. Spedizione al Rio Nabiléchhe nella regione delle grandi cacce al cervo.
Matto Grosso (Brasile)”, dal 13 Luglio al 21 Agosto 1897
En la primera página del libro de Guido Boggiani
"Noticias sobre la tribu de Ciamacoco etnográfico", publicado en 1894.
"La prima pagina del libro di Guido Boggiani
“Notizie etnografiche sulla tribù dei Ciamacoco”, pubblicato nel 1894"
La portada de "El Caduvei" con el elegante monogamma "GB".
Il frontespizio di “I Caduvei” con l’elegante monogamma “GB”
Nel 1894 diede alle stampe I Ciamacoco e Viaggi d’un artista nell’America Meridionale, mentre nel 1895 pubblicò I Caduvei e il Vocabolario dell’idioma Guanà (1895). Questo popolo aveva colpito Boggiani non solo per la vita in armonia con la natura, ma anche per la loro abilità di decoratori nei complessi disegni corporali. A differenza dell’amico D’Annunzio il suo stile narrativo era privo di retorica e sarebbe poi piaciuto a Claude Lévi-Strauss, che lo citerà nei suoi Tristi tropici. Nel 1900 scrisse un breveCompendio de etnografia paraguaya moderna, che venne pubblicato ad Asunción, con una mappa della distribuzione territoriale delle tribù. Negli stessi anni espose una serie di dipinti del periodo latino americano, tra cui il colossale Quies (opera dispersa) ed entrò nella cerchia del poeta e scrittore Adolfo De Bosis, autore dal 1895 della rivista estetizzante “Il Convito”.
La “Fantasia” attraversa il canale di Corinto trainata da un rimorchiatore, Troyes, Médiathèque de l’Agglomeration Troyenne
Tra il 13 Luglio e il 16 Settembre del 1895 salpò per una crociera nel Mediterraneo sulla Fantasia di Edoardo Scarfoglio, un ketch di 93 tonnellate, così battezzato in onore del primo romanzo di sua moglie, Matilde Serao. I compagni di viaggio erano Scarfoglio, D’Annunzio, Georges Hérrelle, il traduttore francese del Vate, e l’avvocato abruzzese Pasquale Masciantonio, oltre all’equipaggio e a due gatti. Gli sfortunati felini, che per volontà di Scarfoglio venivano lavati tutti i giorni per il timore delle pulci, soffrivano spaventosamente il moto ondoso. L’itinerario scelto da D’Annunzio prevedeva l’imbarco a Brindisi e poi Corfù, Patrasso, Corinto, Delfi, Egina, Nauplia (per visitare le la cittadella fortificata di Micene e le mura ciclopiche a Tirinto), Salonicco, Costantinopoli, le rovine di Troia. Da lì la Fantasia avrebbe dovuto toccare la costa turca fino a Rodi e proseguire verso l’Egitto, la Tripolitania, Malta, la Sicilia e Napoli. Il tragitto fu radicalmente modificato a causa delle variazioni metereologiche. Durante la navigazione gli argonauti, così si erano autodefiniti, rilessero l’Iliade e l’Odissea. La barca conteneva infatti un ricchissimo carico di libri classici per un viaggio a traverso un sogno di poesie e di cultura.
La pagina del diario del viaggio in Grecia di Guido Boggiani del 7 Agosto 1895,
con l’illustrazione del Canale di Corinto Lo stretto era stato scavato da pochi anni quando fu attraversato dalla
“Fantasia”, Yale, Biblioteca Universitaria
Sia D’Annunzio, che Hérelle e Boggiani tennero un diario del viaggio. Quello di Boggiani, ora custodito nella biblioteca della Yale University, era anche corredato da mappe disegni. Ne esiste un’altra copia trascritta per Hérelle, ma priva di disegni, che si trova nella Médiathèque de l’Agglomeration Troyenne. A Olimpia gli occhi chiari del piemontese si bagnarono con lacrime di commozione davanti all’Hermes di Prassitele: L’ho toccato più volte, come si toccano le immagini divine… I turisti si fermarono una settimana ad Atene: le giornate erano dense di visite a musei e monumenti, le serate erano alla ricerca di donne di facili costumi a cui Boggiani ed Hérelle non partecipavano. Furono tutti invitati nella casa di campagna a Kifissia dell’ambasciatore italiano Alberto Pisani-Dossi e della moglie Carlotta Borsani.
Dalle pagine del diario di Hérelle si percepisce una certa idiosincrasia per il narcisismo del Vate, che non perdeva occasione per nuotare e prendere il sole nudo: e la veste di lino erami grave, mi scinsi… Il traduttore annotava: c’è in molti italiani un’assenza totale di pudore che mi sorprende sempre. Lunghe docce di Scarfoglio, di D’Annunzio, di Masciantonio; interminabili lavaggi con il sapone; semi-nudità durante pomeriggi interi, sul ponte. Boggiani, che è del nord, ha tutt’altro carattere: non si stupisce di niente, ma si burla di questo lasciarsi andare e dice ridendo: “Sono dei bambini maleducati!”.
Durante la crociera Hérelle e Boggiani scoprirono di avere molte affinità e, forse, un’attrazione velatamente omosessessuale. Nascosto dietro lo pseudonino di L.R. de Pogey-Castries, Hérelle pubblicherà nel 1930 la Histoire de l’amour grec dans l’antiquité. Prima di andare a dormire chiacchiero un po’ con Boggiani. Egli pensa, come me, che viaggiamo troppo all’inglese, troppo velecemente. “Non sanno viaggiare né gli uni né gli altri”, mi dice. Non sono curiosi dei paesi che attraversano, non ne percepiscono le vere bellezze, non hanno il desiderio di imbeversene. Scarfoglio pensa solamente ai suoi piaceri, al gelato, ai meloni. Gabriele D’Annunzio e Masciantonio hanno un po’ di più il desiderio di vedere; ma né l’uno né l’altro comprendono che in viaggio la stanchezza, il caldo, e anhe certe piccole privazioni, fanno parte delle impressioni del viaggiatore ed aggiungono qualche cosa di vivo agli aspetti del paesaggio. Sono subito stanchi e non pensano ad altri che a dormire. Il vero, solo viaggiatore della nostra banda, è Boggiani; e io sono stupito di vedere quanto, in ogni cosa, le nsotri opinioni condordino … E ancora: Gabriele D’Annunzio amerebbe viaggiare con tutte le comodità e assai lussuosamente. È molto assorbito dalla sua toilette: ha portato otto paia di scarpe, trenta o quaranta camicie, sei vestiti bianchi, ecc. Diceva ieri: “Quando saremo ad Atene, che piacere sarà prendere un gelato al caffè francese, in smoking!” … C’è in D’Annunzio qualcosa di candido e di puerile. … E si affligge di non avere il cappello a cilindro, si sgomenta all’idea di non potersi vestire con sufficiente eleganza per le visite da fare ad Atene.
Dopo aver visitato Olimpia, Eleusi, Atene, Nauplia, Micene e Tirinto sotto un sole ardente, D’Annunzio e Masciantonio, provati dalla vita in barca e dal mal di mare, decisero di tornare in Italia. Hérelle e Boggiani si fermarono a Milos, dove l’esploratore descrisse sul diario, con sensibilità pittorica, il paesaggio dell’isola: Di quassù tutte le accidentalità della costa dell’isola si staccano perfettamente disegnate sul mare che ha tinte indescrivibili di dolcezza verso il largo e più vigorose presso gli scogli; sono mille e mille toni di celeste, di turchino e d’azzurro verdastro sino al più puro smeraldo, il tutto raddolcito ed amalgamato da una leggiera nebbia e dalla irradiazione solare. Sotto di noi lo scoglio è a picco e sorge da una serie di terre montuose che a ventaglio si stendono tutt’intorno sino al mare, nel quale sporgono rocciose in numerosi promontori. A destra c’è un’insentura più vasta apparentemente sabbiosa, dove le onde, che da questa distanza sembrano piccolissime mentre sono enormi, spumeggiano moltiplicandosi.
La mappa, dettagliata e precisa, del Golfo Saronico e delle Cicladi Nord Occidentali,
disegnata dal Boggiani nel suo diario di viaggio il 16 Agosto 1895, Yale, Biblioteca Universitaria
Restarono fino a settembre e attraccarono a Messina il 16, dove Boggiani si imbarcò su una nave per Napoli. Nella conferenza che tenne al secondo Congresso Geografico Italiano a Roma, dove risiedeva in vai San Basilio n. 14, sottolineò l’importanza della ricerca sul campo e della propria capacità di osservazione, contro l’etnografia accademica, colpevole di pubblicare studi da opionioni riferite o da ricerche bibliografiche. La morte della madre due mesi dopo il suo ritorno dalla Grecia, il 19 Novembre 1895, lo gettò in uno stato di profonda tristezza: Io che non l’avevo più veduta dal Novembre ’93, ebbi il dolore di rivederla morta e d’accompagnarla a Stresa alla sua ultima dimora! Impaziente di tornare in Paraguay lasciò l’Italia il primo di Luglio del 1896. Si ignora se tale decisione fu dettata dalla cocente delusione provata da Guido in seguito all’incidente di Venezia, quando un suo quadro fu respinto dalla Biennale. L’11 Giugno del 1896 il Boggiani aveva infatti ricevuto un invito ad esporre e aveva spedito un quadro del Paraguay che però non fu accettato. Nel suo diario sulla seconda spedizione fra i Caduvei scriverà, il 12 Agosto 1897, in un momento di nostalgia della madre defunta, e voi, Veneziani, perché siete venuti a tormentare ancor più la mia povera esistenza, con le vostre ignobili vendette? Decise di rilasciare una procura generale al cognato Luigi, detto Gino, perché potesse a nome io fare atti di compra o vendita o qualunque altro che occorresse per i miei beni di Stresa, come si legge nella lettera alla sorella Estella da Stresa del 12 Maggio 1896, diretta a Tornaco, in provincia di Novara, dove la sorella risiedeva nella villa che aveva costruito il marito Luigi. La villa di Stresa, dopo la morte della madre nel 1895, era stata destinata in eredità a Guido ed era sorvegliata dal falegname e custode Albino Costa, detto “Binon”. La residenza era stata soprannominata in passato La Fotografia, perché il padre di Guido, insieme a un tedesco e al Barlassina, amico di famiglia vi aveva aperto uno studio fotografico. Prima di partire per il Sudamerica aveva affitatto la proprietà a tale Signor Conti, che si occupava anche del terreno e del frutteto da aprile ad ottobre. L’affittuario avrebbe raccolto e consumato la frutta e il fieno. In questo modo Boggiani non avrebbe avuto l’incomodo di doversi occupare della raccolta dal Paraguay. Giunto finalmente in Paraguay, inziò le sue peregrinazioni verso l’interno. Mi guardai allo specchio, scrive al ritorno a Puerto Pacheco, Il sole mi aveva talmente abbronzato che ero irriconoscibile. Eppure non ero dimagrato. Al contrario stavo benone, ero ingrossato ed avevo un’aria di salute e di forza quale non avevo mai avuto prima.
Questa volta portò con sé una macchina fotografica, la Dellmeyer del padre, con 24 placche 18×24 e 30 placche 13×8, e un cavalletto per documentare in immagini la sua attività di ricerca, che pubblicò nel quotidiano La Prensa di Buenos Aires e nella Revista del Instituto Paraguayo, da lui fondata nel 1897. Boggiani eseguì più di quattrocento lastre di vetro delle diverse tribù e fu il pioniere della fotografia etnografica su i Caduvei, i Bororo e i Chamacoco. Scattò immagini di paesaggio, ma soprattutto ritratti, corredandoli di puntuali e precise annotazioni per ciascun soggetto. Era un mestiere pericoloso, considerato il fatto che i suoi modelli temevano che le fotografie potessero trafugare la loro anima, ma a giudicare dalle espressioni quelli di Boggiani sembravano spontanei e tranquilli. Il pittore sapeva che prima o poi quelle tribù sarebbero mutate, o peggio, scomparse, e voleva così preservarne la memoria. L’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola ne presenta una selezione dalla Collezione di Pavel Frič e Yvonna Fričová. Le fotografie digitalizzate sono state gentilmente concesse da Pavel Scheufler.
Il resoconto di questo viaggio è riportato nei Viaggi d’un Artista nell’America Meridionale. I Caduvei, scritto sotto forma di diario dal 13 Luglio al 21 Agosto 1897. La vita dei viaggiatori era piena di difficoltà e di soprese, come si evince da alcune frase del diario: …dove scendiamo per riposare e per cuocere il nostro frugale desinare annidano giaguari e serpi e scolopendre e scorpioni; e nelle acque, fra le piante acquatiche ci insidiano i coccodrilli, mentre nelle fronde degli alberi chiocciano le gallinelle selvatiche o si nascondono le grosse anitre che spesso ci sono venute in aiuto per sfamarci. Oltre a prendere appunti su tutto, ad annotare il tragitto del viaggio, Boggiani raccoglie esemplari di insetti che infila in tubi pieni di alcol. Vinta una certa ripugnanza, si adatta a mangiare carne di coccodrillo che trova eccellente e immagina che si sposerebbe bene con una buona salsa mayonnaise. All’entusiasmo per le fotografie scattate e i materiali raccolti, si alternano momenti di sconforto. Ben pochi sanno quante fatiche e quanti sacrifici costino alle volte queste esplorazioni benché in apparenza modeste; e gli stessi viaggiatori dopo qualche tempo non vogliono d’esse ricrdare che la parte migliore. Ma è un gran brutto trovarcisi! Tanto più per uno, come me, che non dispone nè di mezzi sufficienti nè di gente adeguata: per cui mi trovo spesso a dover pensare a tutto, non solo, ma anche a fare personalmente ciò che i servi dovrebbero fare im vece mia. Occorre una buona dose di pazienza e di voglia di fare per resistere a condurre a buon fine una simile impresa; ma nulla è tutto ciò, quando il risultato è buono. Le condizioni per sviluppare sul campo erano impossibili, quindi Boggiani inviò i negativi alla Sociedad Fotográfica Argentina de Aficionados. Queste testimonanze uniche vennero pubblicate, nel 1904, dal ricercatore tedesco Robert Lehmann Nitsche del Museo de La Plata, in Tipos Indígenas de Sudamérica Central, casa editrice Rosauer, Buenos Aires. Una parte delle immagini furono acquistate per il loro interesse dal Museo Etnologico di Berlino.
Alberto Vojtěch Frič (Praga 1882-1944) in Paraguay nei primi anni del Novecento,
con un bambino Chamacoco, da http://www.checomacoco.cz
Alberto Vojtěch Frič, Ritratto di ragazza paraguayana con fiori, 1907 circa,
Praga, Collezione Pavel Scheufler
Molte delle foto furono recuperate dal botanico ed esploratore cecoslovacco Alberto Vojtěch Frič, che giunse in Paraguay qualche anno dopo il Boggiani e instaurò buoni rapporti con gli indios. Era arrivato in Sudamerica spinto dalla passione per i cactus e si era poi affezionato al popolo Chamacoco, tanto che aveva cercato di curare le loro malattie intestinali. La sua vita è stata raccontata da Claudio Magris in Dalla Mitteleuropa alla giungla. Avventure e follie di un botanico. Si deve a Vojtěch Frič, che era anche un raffinatissimo fotografo, la sopravvivenza delle lastre di Boggiani. La sua collezione è stata pubblicata dal nipote Pavel Frič e dalla moglie Yvonna Fričova nel libro Guido Boggiani, Photographer, 1977.
Nel 1898 la Società Geografica Italiana inviò un premio a Boggiani per i suoi contributi alla ricerca scientifica. Malgrado l’entusiamo per le scoperte etnografiche, il Boggiani scrisse a Herélle per farsi spedire un libro di storia greca e una traduzione francesce dell’Odissea, lamentandosi per lamiseria di questa vita solitaria e triste, tanto che nell’estate del 1901 stava programmando di rientrare in Italia, quando gli giunse notizia di una tribù ancora selvaggia, i Tumanhà, poi identificati da Maurizio Leigheb come i Tomarxa-Chamacoco. Nomadi e primitivi, forse cannibali, non erano mai stati avvicinati da nessun europeo. Partì da Asunción nell’agosto del 1901 per penetrare nella foresta del Chaco boreale paraguayano, con una piccola scorta che venne però rispedita indietro, per non spaventare i nativi arrivando nella loro terra con uomini armati. Restò con lui solo un compagno fedele, Félix Gavilàn e quattro indiani Chamacoco che dovevano fare da guida.
Oliviero Boggiani, il fratello maggiore di Guido, fu il destinatario della sua ultima lettera per l’Italia.
Fotografia di Leone Ricci, Roma, Università di Padova, Biblioteca dell’Orto Botanico
Il 10 Ottobre 1901 scriveva: ora vado a fare una piccola esplorazione nell’interno del Chaco, e così avrò terminati i miei studi e i miei lavori e mi preparerò per ritornare in Italia… spero di poter realizzre il mio programma senza ostacolo alcuno. Progettava di tornare ad Asunción nei primi giorni. La lettera dall’estancia di Los Médanos, è datata 18 Ottobre. L’espatriato raccontava al fratello Oliviero il suo progetto di percorrere a cavallo il Gran Chaco fino ai contrafforti orientali delle Ande alla ricerca di popoli ignoti, i Tumanahà. Fu avvistato l’ultima volta con Gavilàn il 24 Ottobre 1901. Poi il silenzio, nessuna notizia, nessuna lettera.
I membri della spedizione “Pro Boggiani”, capitanata dallo spagnolo José Fernandez Cancio,
riconoscibile al centro con la lunga barba. Partirono da Asunción il 18 Giugno 1902
alla ricerca di Guido Boggiani, di cui da tempo non si avevano notizie
Gli italiani residenti ad Asunción, allarmati, organizzarono un Comitato Pro Boggiani per ritrovare l’esploratore scomparso nel nulla. La spedizione, che partì da Asunción il 18 Giugno del 1902, era capitanata dallo spagnolo José Fernandez Cancio, che ne scrisse: Il sentiero per dove passò il Boggiani si conosceva solamente per le molte rame tagliate che impedivano il cammino ai nostri portatori. Il passaggio si era quasi rinchiuso e la vegetazione tropicale stava già cancallando ogni traccia. Lentamente il gruppo arrivò a una piccola radura dove il Cancio trovò, sotto un grande e frondoso albero di algarrobo, le ceneri di due fuochi, e alcune foglie di palma disposte a modo di giaciglio. Il magiordomo di Boggiani riferì che nessuno poteva aver fatto ciò fuori che l’italiano, poiché egli aveva l’abitudine di accendere due fuochi, uno per lui e il suo compagno, e uno per gl’indiani della scorta, ed egli solo aveva l’abitudine di farsi un letto di foglie di palma, disposte sotto al recado (la sella gaucha). La marcia continuò e furono rinvenuti altri fuochi, capanne di rami abbandonate, bastoni di legno posti a sostegno di veli da zanzariera. Cancio trovò perfino una scarpa di buona fattura, deteriorata dall’acqua e due cavalli abbandonati, ma a un certo punto non fu più possibile proseguire nella foresta: il passo era sbarrato da immensi boschi e l’acqua scarseggiava.
Lo spagnolo fu costretto a tornare indietro, era infatti la stagione afflitta in quei mesi dalla seca, e Cancio si mise alla ricerca di qualche caraguatàs, un tipo di albero che contiene una linfa dissetante e rinfrescante, ma non riuscì a trovarne. Inoltre dovette affrontare il boicottaggio dei quattro indigeni. Nel frattempo si mise a cacciare dei cervi per fabbricare otri con il loro cuoio e potè poi riprendere la picada (così si chiama la puntura al bosco).
La morte di Guido Boggiani, così come se la immaginava l’illustratore della “Tribuna Illustrata”,
nel numero 49 della rivista del 7 Dicembre 1902, in cui si dava notizia dell’omicidio
Dopo quattro mesi di estenuante ricerca Cancio giunse in una tolderìa (villaggio). Là trovò i miseri resti di Boggiani e di un altro uomo. La testa dell’esploratore era stata fracassata da un’ascia e poi decapitata. In accordo con una credenza locale con questo accorgimento l’anima non avrebbe potuto fare incantesimi. La sua macchina fotografica era stata nascosta in un buco sotto terra. Il Cancio trovò nello stesso luogo alcuni oggetti di proprietà del Boggiani che annotò con precisione su un taccuino.
Dopo aver trovato i due corpi senza vita di Boggiani e di Gavilàn,
il Cancio recuperò alcuni oggetti personali che elencò su un taccuino
Una macchina fotografica stereoscopica di fabbricazione francese, due dei piedi della macchina, una scatola di latta vuota, un cucchiaio e tre cucchiaini di metallo bianco ingiallito, un pezzo di stoffa resto di una vecchia bandiera italiana, due astucci con permanganato di potassio, una siringa per iniezioni senza ago, circa cinquanta placche fotografiche inutillizzate dalle intemperie, un paio di scarpe di corda vecchie, due righe-scale triplodecimetro inservibili, un pezzo di gomma da disegnatore, una tazza di ferro smaltato, una cintura di cuoio fatta con pelli delle selle e basti (sequestrata ad un indiano che la portava), un cinto di tela grossa con i colori spagnuoli ed una fibbia di metallo giallognolo, una piccola bottiglietta di farmacia contenente una polvere bianca che sembra chinino, una pietra tonda piccola usata dagli indiani, alcuni numeri di giornali paraguayani e italiani. Il Cancio preparò sul posto una semplice sepoltura, ma dopo quattro mesi ritornò nella giungla per portare il corpo del Boggiani nel cimitero italiano di Asunción.
L’articolo pubbicato sul quotidiano “Il Mattino” del 21 Novembre 1902
sull’assassinio di Guido Boggiani, dove si ipotizza ilmovente passionale, che sarà poi smentito
Un indio di nome Luciano confessò di aver assassinato a bastonate Boggiani, che si era fermato in quella tribù per qualche tempo intrattenendo una relazione con una donna, il cui marito era assente. Come rievocava Claudio Magris, venendo ucciso, sembra per le sue spicce attenzioni a una donna india, nonostante fosse conosciuto presso gli indigeni anche come Lily, per le attenzioni rivolte agli uomini, cosa nient’affatto strana in una cultura pervasa dal sentimento panico di una sensualità indifferenziata. In realtà la storia era diversa: il Boggiani voleva a tutti i costi avvicinare i Tumanhà, ma i loro avversari Ibitoso-Chamacoco, che lo ospitavano e non volevano che lui incontrasse l’altra tribù, avevano deciso di uccidere l’italiano e il suo compagno Gavilàn. L’omicida Luciano venne arrestato e assicurato alla giustizia, ma fu poi assolto per insufficienza di prove e scarcerato nel 1903. Il 23 Dicembre del 1902 si tenne alla Società Italiana di Mutuo Soccorso una cerimonia di saluto per Boggiani e Gavilàn. Il salone fu arredato a lutto con semplici ornamenti di palmizi, corone di fiori freschi e con le due bandiere, quella italiana e quella del Paraguay. Finì così, in un remoto cimitero del Paraguay, il sogno di Guido Boggiani, l’esploratore piemontese.
Così Gabriele D’Annunzio ricordò l’amico Guido Boggiani in Laus Vitae:
Ed èramo tutti
a poppa raccolti, in silenzio.
Ed uno di noi, che taceva
con fronte ostinata, era sacro
a morte precoce, più caro
d’ogni altro agli iddii come eletto
a perir giovine e in atto
di compier l’impresa cui s’era
devoto con anima salda.
…
Un Ulisside egli era.
Perpetuo desìo della terra
incognita l’avido cuore
gli affaticava, desìo
d’errare in sempre più grande
spazio, di compiere nuova
esperienza di genti
e di perigli e di odori terrestri.
…
Sotto la clava del selvaggio
predone cadesti, senza
vìndici, nell’umida ombra;
mentre tu, svelto odiatore
di salmerìe e di scorte
con silenzioso ardimento
t’addentravi nella foresta
letale, obbedendo al tuo fato
che ti spingea senza tregua
più oltre più oltre nel nuovo.
Si ringrazia Eric Courthés per le preziose informazioni fornite su Guido Boggiani.
Le fotografie degli indios, selezionate dall’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola per l’articolo appartengono alla collezione privata do Pavel Frič e Yvonna Fričová, autori del libro Guido Boggiani. Fotograf… e procuri che non mi dimentichno i comuni amici, Praga, Titanic, 1997, con testo in ceco, italiano, spagnolo, portoghese e inglese, Casa Editrice Titanic, Praga, disponibile su Abebooks; Per altre informazioni si veda anche Checomacoco. Si ringrazia Pavel Scheufler per aver fornito le immagini in formato digitale.
Per scaricare la versione completa della poesia di Gabriele D’Annunzio dedicata a Guido Boggiani cliccare qui: Laudi di D’Annunzio
Bibliografia: G. Boggiani, I Ciamacoco. Conferenza. Atti della Società Romana di Antropologia, vol. II., 1894; A. Ghisleri, Un artista italiano fra gl’indiani dell’Alto Paraguay, Emporium, Vol. II, n. 7, 1895; G. Boggiani, Viaggi di un artista nell’America meridionale. I Caduvei (Mbayà o Guaycurù), Roma, Loescher, 1895; G. Boggiani, Tatuaggio o pittura. Estratto dagli Atti del II° Congresso Geografico Italiano, Roma, Civelli, 1895; G. Boggiani, I Caduvei. Studio intorno ad una tribù indigena dell’alto Paraguay nel Matto Grosso (Brasile), Roma, Memorie della Società geografica italiana, 1895; Comitato Pro-Boggiani, Alla ricerca di Guido Boggiani. Spedizione Cancio nel Ciaco Boreale, Alto Paraguay. Relazione e documenti. Milano, Bontempelli, 1903; R. Lehmann-Nitsche, La Colección Boggiani de Tipos Indigenas de Sudamérica Central/Die Sammlung Boggiani von Indianentypen ause dem zentralen Südamerika. Buenos Aires, R. Rosauer, 1904; Lorenzo Viani, Il pioniere d’Ararupe da “Il Corriere della Sera”, 29 Settembre 1935, in Il nano e la statua nera, Firenze, Vallecchi, 1943; R. Pettazzoni, In Memoria di Guido Boggiani. Roma, Centro Italiano di Studi Americani, 1941; A. Viviani, Guido Boggiani: alla scoperta del Gran Chaco, Torino, Paravia, 1951; P. Scotti, La seconda spedizione di Guido Boggiani fra i Caduvèi (1897), Genova, Libreria degli Studi, 1963; P. Scotti, Lettere inedite di Guido Boggiani, Genova, Accademia Ligure di Scienze e Lettere, 1963; a cura di M. Leigheb e L. Cerutti, Guido Boggiani. Atti del Convegno Internazionale, Novara, Banca Popolare di Novara, 1992; P. Scotti, In Grecia. Relazioni di viaggio, Genova, Libreria degli Studi, 1965; Pavel Frič e Yivonna Fričova, Guido Boggiani. Fotograf, Praga, Titanic, 1997, un libro di grande formato con testo in ceco, italiano, spagnolo, portoghese e inglese Casa Editrice Titanic, Praga, disponibile su Abebooks; Yivonna Fričova, Guido Boggiani …e procuri che non mi dimentichino i comuni amici, Ibero-Americana Pragensia, 1997; M. Leigheb, Lo sguardo del viaggiatore: vita e opere di Guido Boggiani, Novara, Interlinea, 1997; M. Leigheb, Guido Boggiani: Pittore, esplatore, etnografo, Novara, 1986; I. Bonati, Guido Boggiani: Orme nell’ignoto, Torino, Il Tucano, 2006; C. Vangelista, Un pittore etnografo e mercante: Scambi commerciali e osservazioni etnografiche di Guido Boggiani durante un viaggio tra i Caduvei, in G. Fedora e A. Guaraldo, Gli indiani d’America e l’Italia, Asti, Astilibri, 2002; F. Lamendola, Ricordo di Guido Boggiani, pittore-esploratore, Arianna Editrice, Bologna, 2007; Gabriele D’Annunzio, Guido Boggiani, Georges Hérelle, Edoardo Scarfoglio, La crociera della “Fantasia”. Diari del viaggio in Grecia e Italia Meridionale (1895), a cura di M. Cimini, Venezia, Marsilio, 2010; C. Magris, Dalla Mitteleuropa alla giungla. Avventure e follie di un botanico, “Corriere della Sera”, 7 Agosto 2010.
Fuente en Internet: http://archiviodelverbanocusioossola.com
POSTALES DE NUESTRO PARAGUAY ETERNO
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"Giovane donna dipinta 1/2 fig. fronte. Nabilécche. 18 x 13 cms."